Applicabilità della Direttiva 2004/80/CE alle vittime italiane di reati intenzionali violenti?
Lo scorso 2 marzo, i soci dello Studio MB.O, Marco Bona e Umberto Oliva, insieme al collega Francesco Bracciani, rappresentando la vittima di una violenza sessuale, hanno partecipato all’udienza di discussione, tenutasi innanzi alla Grande Chambre della Corte di Giustizia dell’Unione europea, relativa alla causa C-129/19 in merito all’applicabilità della direttiva 2004/80/CE anche a vittime di reati violenti e intenzionali residenti, a seguito del rinvio pregiudiziale operato dalla Corte di Cassazione il 19 febbraio 2019.
In particolare, la causa principale riguarda il tema dell’azione per risarcimento danni (“Francovich claim”) presentata da un cittadino italiano residente in Italia – ivi vittima di un reato di violenza sessuale e impossibilitato ad ottenere, da parte dei diretti responsabili, il pieno risarcimento del danno subito – contro la Presidenza italiana del Consiglio dei ministri (responsabile dell’attuazione delle direttive), per inadempienza e/o inadempimento e/o inadempimento degli obblighi previsti dalla direttiva 2004/80/CE relativa all’istituzione di un meccanismo per indennizzare le vittime di reati intenzionali e violenti, quando sia impossibile conseguirlo direttamente dagli autori.
Tenuto presente il recepimento tardivo (e/o incompleto) della direttiva 2004/80/CE da parte dell’ordinamento italiano, la prima questione pregiudiziale riguarda l’esistenza o meno di un’imposizione agli Stati membri di una responsabilità anche “in relazione alle persone non transfrontaliere (e quindi residenti), che non sono destinatarie dirette dei benefici derivanti dall’attuazione della direttiva ma che, al fine di evitare la violazione del principio della parità di trattamento / non discriminazione […], avrebbero dovuto – se la direttiva fosse stata attuata in modo completo e tempestivamente – beneficiare dell’effetto utile di detta direttiva”, e dunque del sopra menzionato meccanismo indennitario.
La seconda questione pregiudiziale riguarda il risarcimento stabilito per le vittime di reati intenzionali violenti da parte delle istituzioni italiane nell’importo fisso di Euro 4.800, se possa essere considerato “equo e appropriato indennizzo alle vittime “ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80/CE.
La posizione presentata dagli avvocati della vittima in relazione alla prima questione è che l’articolo 12 della direttiva si applica a tutte le persone colpite da reati di violenza intenzionale, compresi quelli che subiscono un reato nel paese in cui risiedono, come nella causa C-129/19, senza che sia necessario ricorrere, per individuare l’ambito di applicazione della direttiva, alla “discriminazione inversa”, evocata dalla Corte suprema italiana. Sul secondo profilo gli avvocati hanno sostenuto che il legislatore italiano debba raggiungere l’obiettivo minimo dell’indennizzo “equo ed adeguato”, non essendo sufficiente una copertura indennitaria ben sotto i parametri monetari riconosciuti dalla legge per altri casi assimilabili.
L’Avvocato Generale presenterà le sue conclusioni il 14 maggio 2020.