Il Tribunale di Torino, con la “storica” sentenza n. 3145/10 del 3 maggio 2010, aveva accolto la domanda di condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al risarcimento dei danni nella causa promossa da una ragazza, sequestrata e violentata da due stranieri, la quale, assistita dall’Avv. Marco Bona, aveva lamentato l’inadempimento dell’Italia per la mancata attuazione della direttiva 2004/80/CE del 29 aprile 2004, relativa alla riparazione delle vittime di reato violento.
La direttiva 2004/80/CE statuisce per tutti gli Stati UE il seguente obbligo: “Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l’esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime” (art. 12, paragrafo 2). In pratica, anche lo Stato italiano dovrebbe garantire ai cittadini e agli stranieri, vittime di reati intenzionali e violenti (omicidi dolosi, lesioni dolose, violenze sessuali) commessi sul territorio italiano, un risarcimento (o, perlomeno, un indennizzo) equo e adeguato, ogniqualvolta l’autore del reato sia rimasto sconosciuto o si sia sottratto alla giustizia o, in ogni caso, non abbia risorse economiche per risarcire la o, nel caso di morte, ai famigliari.
La Corte d’Appello di Torino, Sezione III, con la sentenza 23 gennaio 2012, n. 106 aveva confermato la pronuncia del Tribunale, condannando la Presidenza del Consiglio. In particolare, la Corte aveva così concluso: “è certo che l’Italia non ha stabilito un sistema di indennizzo per le vittime di violenza sessuale e pertanto è inadempiente”.
La Corte aveva altresì ritenuto nel caso al suo esame comprovata l’impossibilità per la vittima di conseguire il risarcimento direttamente dai due violentatori: “I due imputati si sono resi latitanti nel giudizio di primo grado e tali sono rimasti nel giudizio di appello; non risulta che abbiano mai espresso qualche forma di pentimento e offerto un benché minimo risarcimento; non si vede che utilità pratica potrebbe avere una causa civile proposta … contro di essi”.
Nel mese di maggio 2012 la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha proposto ricorso di Cassazione avverso la sentenza d’appello. La vittima, assistita dall’Avv. Umberto Oliva e dall’Avv. Francesco Bracciani insieme all’Avv. Marco Bona, ha promosso controricorso, notificandolo il 26 giugno 2012. I legali Bona e Oliva commentano così quest’ultima iniziativa: «Siamo pervenuti all’ultima fase di un processo importante per la ragazza che tuteliamo e per tante altre vittime di reati gravissimi che diversamente da quanto avviene negli altri Stati dell’Unione Europea sono impossibilitate ad accadere alla tutela statale imposta all’Italia dalla direttiva 2004/80/CE. L’inadempimento dello Stato italiano, già accertato dal Tribunale e dalla Corte d’Appello di Torino, risulta evidente e pure grave. Confidiamo che anche la Cassazione si pronunci nello stesso senso. Una sentenza favorevole della Suprema corte sarebbe fondamentale per incentivare lo Stato a dare piena attuazione alla direttiva».
 

26 Giugno 2012