CORTE DI GIUSTIZIA E VITTIME DI REATI: LA CAUSA PILOTA VERSO L’UDIENZA

1.Corte di Giustizia Europea e indennizzi negati alle vittime di reati violenti internazionali.

Dopo più di dieci anni di battaglia giudiziaria, è approdata alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la causa “pilota” intentata dagli avvocati dello Studio MB.O insieme all’avvocato Francesco Bracciani per il diritto delle vittime di reati violenti di ottenere dallo Stato un indennizzo “equo ed adeguato”, come previsto dalla direttiva 2004/80/CE del 29 aprile 2004.

 

2.I fatti: violenza sessuale in danno di una cittadina rumena residente in Italia.

Nella  notte tra il 15 ed il 16 ottobre 2005, una giovanissima ragazza era stata oggetto di  gravissimi illeciti penali (sequestro, reiterate violenze sessuali e percosse) perpetrati da due ragazzi stranieri.

Entrambi gli imputati, approfittando della concessione degli arresti domiciliari, si erano resi latitanti; la ragazza si era così trovata nella impossibilità di conseguire qualsivoglia tutela risarcitoria dai due rei per quanto subito.

3.La causa in Italia.

Nel 2009 gli Avv.ti. Marco Bona e Umberto Oliva , unitamente all’Avv. Francesco Bracciani, instauravano una causa “pilota” avanti il Tribunale di Torino   contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, assumendo la responsabilità di questa per non avere ottemperato all’obbligo, discendente dall’art. 12, § 2, della direttiva 2004/80/CE, per gli Stati membri di provvedere, a partire dal 1° luglio 2005, «a che le loro normative nazionali prevedano l’esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime», ciò, come recita il ‘considerando’ 6, «indipendentemente dal luogo della Comunità europea in cui il reato è stato commesso» (dunque anche laddove lese nello Stato di residenza).

La tesi dell’attrice era che in forza di tale direttiva lo Stato italiano, dal 1° luglio 2005, avrebbe dovuto garantire alle vittime di reati intenzionali e violenti (omicidi dolosi, lesioni dolose, violenze sessuali) commessi sul territorio italiano un risarcimento/indennizzo equo e adeguato nei casi di autore del reato rimasto sconosciuto o sottrattosi alla giustizia o privo di risorse economiche per risarcire la vittima o, nel caso di morte, i famigliari.

Il Tribunale di Torino (sentenza n. 3145 del 26 maggio 2010) aveva riconosciuto l’inadempimento della Presidenza del Consiglio per la mancata attuazione della direttiva 2004/80/CE. Così anche la Corte d’Appello di Torino (pronuncia del 23 gennaio 2012, n. 106), confermando la pronuncia del Tribunale e condannando la Presidenza: «è certo che l’Italia non ha stabilito un sistema di indennizzo per le vittime di violenza sessuale e pertanto è inadempiente». Alla ragazza furono riconosciuti Euro 50.000,00, ad oggi non ancora corrisposti dallo Stato italiano.

Contro questa sentenza il Governo italiano aveva poi fatto ricorso in Cassazione nel 2012.

Nel frattempo, per scongiurare cause di questo tipo e condanne da parte della Corte di giustizia (che comunque nel frattempo sanzionava l’Italia: Corte giust. Ue, Grande Sezione, 11 ottobre 2016, causa C-601/14), il legislatore italiano interveniva a più riprese con interventi normativi nel 2016, 2017 e 2018, prevedendo i seguenti indennizzi:

– per il reato di omicidio l’«importo fisso» (da dividersi fra tutti i famigliari legittimati attivi) di Euro 7.200, incrementato a Euro 8.200 nel caso di omicidio commesso dal coniuge o da persona legata, nel passato o al momento del fatto, da relazione affettiva alla persona offesa;

– per il reato di violenza sessuale l’«importo fisso» di Euro 4.800;

– per le lesioni personali: soltanto un indennizzo a titolo di rifusione delle spese mediche ed assistenziali «fino a un massimo di euro 3.000».

Dunque, nella “causa pilota” torinese giunta avanti la Cassazione la Presidenza del Consiglio sosteneva che tali interventi legislativi fossero tali da soddisfare le pretese delle vittime e pure della ragazza torinese. 

La tesi sostenuta per la ragazza, invece, era che con tali leggi l’Italia non avesse in nessun modo rimediato al suo inadempimento, ma avesse consegnato alle vittime indennizzi assolutamente irrisori.  Peraltro, la strada per ottenere tali elemosine di Stato è irta di ostacoli assurdi e vessatori.

Con la legge di bilancio del 30 dicembre 2018 il Governo ed il Parlamento attuali confermavano tale insufficiente quadro normativo.

4.Udienza avanti la Corte di Giustizia

Con ordinanza del 31 gennaio 2019 la Corte di Cassazione decideva di rimettere alla Corte di Giustizia diverse questioni pregiudiziali, tra cui la questione se gli indennizzi previsti dal legislatore italiano siano conformi al principio di indennizzo equo ed adeguato di cui alla direttiva del 2004. Sul punto la Cassazione ha espresso il dubbio che non lo siano affatto, affermando che questi indennizzi si collocano nell’«area dell’irrisorio» e l’importo di euro 4.800 per le vittime di violenze sessuale sia una somma «palesemente non equa».    

Con provvedimento del 19 dicembre 2019 la Corte di Giustizia Europea ha fissato udienza dibattimentale al giorno 2 marzo 2020 dinanzi alla Grande Sezione.

Per i valori umani e sociali in gioco, la vicenda giudiziaria ha sempre destato l’interesse dei media, che anche in questa occasione hanno seguito gli sviluppi:

Vedi articolo su La Repubblica

Vedi servizio giornalistico su Rai News

 

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