CORTE DI CASSAZIONE E DISOCCUPAZIONE VOLONTARIA: LIMITI ALLA PROVA PER PRESUNZIONI

 

  1. Prova della disoccupazione “volontaria”, anche con riferimento alla vita futura: la pronuncia della Corte di Cassazione n. 1163/2020.

Con la recente pronuncia n. 1163 del 21 gennaio 2020 la Corte di Cassazione , Terza Sezione Civile, in accoglimento del ricorso proposto dagli avvocati dello Studio MB.O, ha cassato la sentenza della Corte di Appello di Torino n. 2122/2016 nella parte in cui riteneva provato, tramite presunzioni, il carattere volontario della disoccupazione di un giovane venticinquenne vittima di incidente stradale, così respingendo la domanda di ristoro del danno patrimoniale futuro da compromissione della capacità lavorativa da quest’ultimo formulata ai sensi dell’art. 137 del Codice delle Assicurazioni Private. I Giudici di Legittimità hanno infatti ravvisato una violazione delle norme in tema di prova per presunzioni (art. 2727 e 2729 Codice Civile).

 

  1. I fatti: gravissime lesioni riportate da un giovane motociclista a seguito di collisione con un autofurgone.

In data 15 marzo 2006 un venticinquenne torinese stava attraversando un’intersezione stradale quando un autofurgone che proveniva dal senso di marcia opposto lo travolgeva durante la manovra di svolta a sinistra.

Il giovane riportava plurime gravissime lesioni (tra il resto al cranio e agli arti superiori ed inferiori), alle quali seguivano numerosi interventi chirurgici, lunghi periodi terapeutici e riabilitativi, nonché – a causa del trauma – gravi patologie di carattere psichico.

 

  1. L’iter processuale che ha preceduto il giudizio avanti la Corte di Cassazione.

Il Tribunale di Torino, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 5802/2007, riconosceva all’infortunato una invalidità civile pari al 75%.

Il Tribunale di Torino (sentenza n. 8024/2014), Quarta Sezione Civile, accertata la concorrente responsabilità dei conducenti e ravvisato dietro CTU un danno biologico del 52% di I.P., condannava la controparte al risarcimento di plurime voci di danno fatta esclusione per quello alla capacità lavorativa futura (ossia la corresponsione di una somma pari al reddito che il soggetto avrebbe potuto percepire, qualora in salute), seppur pacificamente compromessa come accertato dai CC.TT.UU, i quali condividevano la valutazione dell’incapacità lavorativa ai fini dell’invalidità civile, pari al 75%. A detta del Tribunale, infatti, tale domanda non poteva essere accolta mancando la prova da parte del ragazzo, in allora disoccupato, di quale attività lavorativa avrebbe potuto svolgere in futuro.

A seguito di impugnazione la Corte d’Appello di Torino, Terza Sezione Civile, sentenza n. 46/2011, confermava la decisione in punto danno da perdita della capacità lavorativa, tuttavia motivandola diversamente: il risarcimento veniva negato ritenendo la Corte che si potesse presumere la volontarietà dello stato di disoccupazione del ricorrente, non avendo questi dimostrato in che modo si sarebbe attivato per reperire un’occupazione professionale ed anzi mancando unitamente alla documentata iscrizione alle liste di collocamento all’epoca del sinistro, una dichiarazione di disponibilità a prestare attività lavorativa nell’immediato.

Lo Studio MB.O proponeva pertanto ricorso per Cassazione su questo specifico punto, deducendo, fra l’altro, come la predetta dichiarazione – per legge – costituisca presupposto per l’inserimento nelle liste di collocamento e comunque denunciando la violazione delle norme in tema di presunzioni semplici, ovvero quelle rimesse alla valutazione discrezionale del Giudice (artt. 2727 e 2729 cc.), non potendo di certo presumersi che un venticinquenne disoccupato volontariamente non avrebbe lavorato per tutto il resto della sua vita.

 

  1. Il Giudizio avanti la Corte di Cassazione e la pronuncia n. 1163/2020.

In accoglimento del predetto ricorso la Corte di Cassazione ha accertato la violazione degli articoli 2727 e 2729 del Codice Civile non integrando i fatti di causa presunzioni dal carattere grave, preciso e concordante così come richiesto dalla legge.

In particolare la Corte di Appello di Torino ha certamente errato laddove, basandosi sulla sola mancanza di dichiarazione di disponibilità al lavoro immediato all’epoca del sinistro (peraltro contestata dal ricorrente) ha ritenuto che a quest’ultimo, stante la presunta volontarietà del carattere di disoccupazione, nulla spettasse per la perdita della capacità lavorativa futura, estendendo dunque la presunzione di volontarietà sino all’età pensionabile del danneggiato.

Così si è espressa la Cassazione: “…si fatica a comprendere su quali basi la sentenza impugnata abbia formulato un giudizio di probabilità basato sull’id quorum plerumque accidit, per risalire al fatto (noto) della mancata dichiarazione di disponibilità, nell’anno 2004, alla dimostrazione della mancata volontà di ricercare un’occupazione lavorativa per tutta l’esistenza futura dell’interessato”.

La Corte d’Appello non poteva dunque presumere che un giovane, disoccupato all’età di venticinque anni, avrebbe mantenuto tale condizione per il resto della sua vita e toccherà ora alla medesima Corte d’Appello, in diversa composizione, pronunciarsi nuovamente sul punto, fermo il disposto della sentenza di Cassazione n. 1163/2020.

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