Conclusioni dell’Avvocato Generale nella causa C-129/19 Presidenza del Consiglio dei Ministri/BV: anche le “vittime residenti” devono essere tutelate e con indennizzi adeguati 

Gli Avvocati Oliva, Bona e Bracciani alla Corte di Giustizia

 

La “causa pilota” era stata intentata contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri da BV vittima, nel 2005, a Torino di sequestro di persona, violenza sessuale e percosse. BV non era riuscita ad essere risarcita dai due violentatori, pur condannati in sede penale, ma senza risorse economiche e resisi irreperibili.

Oggetto di questa causa era la direttiva 2004/80/CE del 29 aprile 2004. All’art. 12 statuisce per tutti gli Stati UE il seguente obbligo: «Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l’esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime».

La tesi di BV era che in forza di tale direttiva lo Stato italiano, dal 1° luglio 2005, avrebbe dovuto garantire alle vittime di reati intenzionali e violenti (omicidi dolosi, lesioni dolose, violenze sessuali) commessi sul territorio italiano un risarcimento/indennizzo equo e adeguato nei casi di autore del reato rimasto sconosciuto o sottrattosi alla giustizia o privo di risorse economiche per risarcire la vittima o, nel caso di morte, i famigliari.

La tesi del Governo, invece, era che la direttiva riguardasse solo le vittime straniere in transito in Italia, ma non già le vittime residenti in Italia e qui lese. Peraltro, il Governo negava che la direttiva riguardasse anche le vittime di violenze sessuali.

Il Tribunale di Torino (sentenza 2010) aveva riconosciuto l’inadempimento della Presidenza del Consiglio per la mancata attuazione della direttiva. Così poi anche la Corte d’Appello di Torino (sentenza 2012), confermando la pronuncia del Tribunale e condannando la Presidenza: «è certo che l’Italia non ha stabilito un sistema di indennizzo per le vittime di violenza sessuale e pertanto è inadempiente». A BV furono riconosciuti Euro 50.000,00 di risarcimento, ad oggi non ancora corrisposti dallo Stato italiano.

Contro questa sentenza il Governo italiano aveva poi fatto ricorso in Cassazione nel 2012, la quale nel gennaio 2019, dietro insistente richiesta dei legali della vittima, finalmente rimetteva la causa avanti la Corte di giustizia dell’Unione Europea per l’interpretazione della direttiva.

Ad assistere BV dinanzi alla Corte di Giustizia gli Avv. Marco Bona, il quale discuteva la causa all’udienza del 2 marzo 2020 in Lussemburgo, e Umberto Oliva (Studio legale MB.O – Bona Oliva e Associati), insieme all’Avv. Francesco Bracciani (che aveva assistito la ragazza in sede penale), oltre l’Avv. Prof. Vincenzo Zeno-Zencovich.

Oggi, 14 maggio 2020, l’Avvocato generale Michal Bobek, ha pubblicato le sue conclusioni, sostenendo, in linea con le tesi della vittima, che la direttiva impone agli Stati membri di istituire sistemi di indennizzo nazionali per qualsiasi vittima di reato intenzionale violento commesso nei rispettivi territori «indipendentemente dal luogo di residenza della vittima».

A questa soluzione l’Avvocato Generale ha addotto che «la legislazione deve essere interpretata dal punto di vista di un normale destinatario, che verosimilmente non inizia a ricercare diversi documenti (non sempre accessibili al pubblico) relativi alla storia legislativa di uno strumento, al fine di scoprire se ciò che è scritto nel testo rispecchi la volontà soggettiva del legislatore storico».

Per l’Avv. Bona «questa conclusione costituisce un’importante conferma della correttezza delle tesi sostenute in oltre dieci anni di causa, anche se bisognerà attendere la sentenza della Corte di Giustizia per chiudere il cerchio sull’interpretazione della direttiva». La sentenza dovrebbe pervenire in estate e si auspica che recepisca l’opinione dell’Avvocato generale.

L’Avvocato Generale, pur con un approccio dallo stesso definito “minimalista”, ha anche preso posizione sull’entità degli indennizzi, affermando che l’indennizzo di una vittima è equo ed adeguato”, ai sensi della direttiva, quando fornisce un contributo significativo alla riparazione del danno subito dalla vittima. In particolare, per l’Avvocato generale l’importo dell’indennizzo concesso non può essere talmente esiguo da divenire puramente simbolico, o da rendere la sua utilità per la vittima, in pratica, trascurabile o marginale.

Questo secondo punto è importante in quanto, per scongiurare cause di questo tipo e condanne da parte della Corte di giustizia, il legislatore italiano, pur con estremo ritardo e soltanto dopo il 2016, era intervenuto a prevedere i seguenti indennizzi: – per il reato di omicidio l’«importo fisso» (da dividersi fra tutti i famigliari legittimati attivi) di Euro 7.200, incrementato a Euro 8.200 nel caso di omicidio commesso dal coniuge o da persona legata, nel passato o al momento del fatto, da relazione affettiva alla persona offesa; – per il reato di violenza sessuale l’«importo fisso» di Euro 4.800; per le lesioni personali: soltanto un indennizzo a titolo di rifusione delle spese mediche ed assistenziali «fino a un massimo di euro 3.000».

A fronte di tali importi, nella “causa pilota” torinese, avanti la Cassazione, la Presidenza del Consiglio aveva sostenuto che tali interventi legislativi fossero tali da soddisfare le pretese delle vittime e di BV. Secondo i legali di BV, invece, con tali leggi l’Italia aveva previsto per le vittime indennizzi assolutamente irrisori e quindi non aveva in nessun modo rimediato al suo inadempimento.

Inoltre, la strada per ottenere tali elemosine di Stato si è rilevata sin da subito irta di ostacoli assurdi e vessatori: è molto complesso per le vittime accedere a tale tutela.

Anche la Cassazione, nell’ordinanza del 31 gennaio 2019 di rinvio alla Corte di giustizia, affermava che questi indennizzi si collocano nell’«area dell’irrisorio» e l’importo di euro 4.800 per le vittime di violenze sessuale è una somma «palesemente non equa».

Soltanto nel gennaio 2020 il Governo ha rivisto tale importo, portandolo all’importo fisso di euro 25.000. A parte il fatto che tale indennizzo risulta ancora molto distante dai livelli risarcitori per le vittime di violenze sessuali e non è personalizzabile, non risolve il problema delle vittime di reato che hanno subito anche l’inadempimento dello Stato italiano, come il caso di BV rimasta dal 2005 ad oggi senza alcuna tutela e costretta ad affrontare una causa difficile che dura dal 2009.

Peraltro, non è certo che in futuro le vittime possano accedere agli indennizzi da ultimo rivisti dato che tali importi sono liquidati nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente ed il decreto del 2020 afferma che dall’incremento degli indennizzi non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (artt. 2 e 3 dm 22 novembre 2019, pubblicato il 23 gennaio 2020).

Il percorso di BV è ancora lungo e dopo la Corte di Giustizia la causa dovrà tornare in Cassazione per la decisione finale su inadempimento dello Stato italiano e risarcimento, ma la novità di oggi lascia sperare bene.

 

Leave a comment