Il team di diritto del lavoro del nostro Studio, coordinato dall’Avv. Umberto Oliva, ha portato a termine con successo un difficile caso, riuscendo a fare riconoscere ai famigliari di una vittima dell’amianto le tutele proprie del caso, benché la malattia professionale fosse stata contratta, con largo margine di presunzione, principalmente durante il lavoro in Svizzera, presso la tristemente nota Eternit SA.
Di particolare interesse, da un punto di vista giuridico, l’accoglimento della tesi della interruzione della prescrizione per richiesta al “debitore putativo”.
Il fatto
Nella seconda metà degli anni ’60, il signor R. D., come molti italiani al tempo, si recò in Svizzera in cerca di fortuna e qui iniziò a lavorare alle dipendenze della Eternit SA, presso la quale prestò servizio ininterrottamente per circa vent’anni.
Rientrato in Italia, R. D. lavorò per alcuni anni presso una falegnameria e, successivamente, fino al 1990, alle dipendenze di una ditta dove svolse la mansione di montatore di cucine.
Nel febbraio 2013, al signor R. D. venne diagnosticato un mesotelioma pleurico maligno che lo condusse alla morte un paio di anni dopo.
La domanda alla SUVA – Respinto in applicazione del Reg. n. 883/2004/CE
Poco dopo la diagnosi, il signor R. D. – ritenendo che la sua malattia fosse riconducibile all’attività lavorativa prestata presso la Eternit SA – presentò domanda di riconoscimento della malattia professionale alla SUVA (in Svizzera l’assicurazione sociale statale contro gli infortuni è gestita prevalentemente dall’Istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni Suva – Schweizerische Unfallversicherungsanstalt, un ente autonomo di diritto pubblico).
L’istituto svizzero accertava che la malattia del signor D. era stata causata dall’esposizione alla polvere di amianto, ma affermava anche che detta esposizione si era verificata non solo durante l’esecuzione dell’attività lavorativa in Svizzera presso Eternit SA, ma anche successivamente, sul luogo di lavoro in Italia.
La SUVA pertanto negava il diritto all’indennizzo per difetto di competenza che, invece, riconosceva in capo all’INAIL, in applicazione dell’art. 38 del Reg. n. 883/2004/CE, il quale prevede che “Quando la persona che ha contratto una malattia professionale ha svolto, sotto la legislazione di due o più Stati membri, un’attività che per sua natura può provocare detta malattia, le prestazioni che la persona medesima o i superstiti possono richiedere sono erogate esclusivamente in virtù della legislazione dell’ultimo degli Stati in questione le cui condizioni risultano soddisfatte”.
Il signor D. proponeva opposizione alla decisione della SUVA, la quale, con provvedimento del 18.12.2013, confermava la decisione.
Il ricorso avanti le Corti svizzere – Respinto per difetto di competenza del SUVA
Avverso la decisione della SUVA, in data 3.02.2014, il signor R. D. proponeva ricorso al Tribunale Cantonale che, con sentenza del 22.12.2017, veniva respinto per difetto di competenza della SUVA a corrispondere il contributo previdenziale. Stessa sorte ebbe poi il successivo ricorso presentato al Tribunale Federale dagli eredi del signor R. D. in data 26.02.2018 e deciso in data 16.08.2018.
La domanda all’INAIL – Respinta per intervenuta prescrizione
Vista definitivamente chiusa la via svizzera al riconoscimento della malattia professionale, in data 23.12.2019 gli eredi del signor D., alla luce delle pronunce della SUVA e dei Giudici elvetici, chiedevano l’erogazione delle prestazioni previdenziali alla Direzione Centrale dell’INAIL.
Con provvedimento del 17.04.2020, l’INAIL respingeva la domanda per intervenuta prescrizione del diritto, ai sensi dell’art. 112 del d.P.R. n. 1124/1965.
Gli eredi del signor R. D. si rivolgevano pertanto al nostro Studio, affranti dopo tanto inutile peregrinare, per essere assistiti nel loro caso.
L’opposizione all’INAIL – Interruzione della prescrizione per avvenuta richiesta al debitore putativo
Con il patrocinio dell’Avv. Umberto Oliva, in data 25.05.2022 gli eredi del signor R.D. proponevano opposizione avverso il provvedimento dell’INAIL, contestando l’intervenuta prescrizione del diritto.
Secondo la tesi sostenuta dal nostro studio, sebbene l’art. 112 del d.P.R. n. 1124/1965 preveda che l’azione per conseguire le prestazioni previdenziali “si prescrive nel termine di tre anni dal giorno dell’infortunio o da quello della manifestazione della malattia professionale” e sebbene tra il decesso del signor R. D. – avvenuto in data 3.06.2015 – e la richiesta all’INAIL – formulata in data 23.12.2019 – fosse decorso un termine di oltre quattro anni, il diritto non poteva ritenersi prescritto in applicazione dell’art. 2943 c.c. per effetto del compimento di successivi atti interruttivi della prescrizione, seppure rivolti ad un Istituto incompetente.
A supporto di tale argomentazione si richiamava la Sentenza n. 783/1999 della Corte di Cassazione in cui veniva enunciato il principio secondo il quale “La prescrizione (art. 112 d.P.R. n. 1124 del 1965) delle azioni per conseguire le prestazioni dall’Inail può essere interrotta, secondo le norme del codice civile, anche con atti stragiudiziali” e che “la richiesta di prestazione rivolta al debitore putativo interrompe la prescrizione in danno del debitore vero”.
Nel caso affrontato, il primo atto interruttivo della prescrizione fu compiuto dallo stesso signor R. D. allorquando, a seguito dell’accertamento della malattia rivolse, nel febbraio 2013, domanda di accertamento dell’origine professionale della malattia alla SUVA, Istituto da egli ritenuto competente ma che, invece, negò la propria competenza in favore di quella dell’INAIL.
La prescrizione, interrottasi dunque la prima volta nel febbraio 2013, iniziò nuovamente a decorrere dalla pronuncia della SUVA, in data 02.12.2013.
E così via, in ragione delle varie decisioni succedutesi nel tempo e delle successive iniziative intraprese dagli eredi della vittima avanti le Corti svizzere; e ciò fino al 23.12.2019, quando gli eredi del signor R. D. proposero domanda di accertamento della malattia professionale a INAIL, respinta con provvedimento del 17.04.2020.
Applicando al caso di specie il su richiamato insegnamento del Giudice di legittimità, quindi, il termine triennale di prescrizione di cui all’art. 112 del d.P.R. n. 1124/1965 non poteva dirsi ancora prescritto, dovendosi fare riferimento, ai fini dell’accertamento del diritto, non al momento in cui si verificò il decesso del signor R. D., ma al momento successivo in cui iniziò a decorrere l’ultimo termine di prescrizione che, al momento della proposizione dell’opposizione, era ancora in corso.
L’accoglimento della domanda in sede di opposizione
In accoglimento delle suddette argomentazioni, con provvedimento del 12.07.2023, l’INAIL confermava l’origine professionale della malattia insorta nel signor R. D., con conseguente definitivo riconoscimento del diritto alla rendita ex art. 85 d.P.R. n. 1124/1965 in favore della moglie superstite.